L’Avaro immaginario

con NUNZIA SCHIANO

e con La Compagnia Luigi De Filippo (in o.a.) Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano, Fabiana Russo, Ingrid Sansone Regia di Enzo Decaro musiche Nino Rota (da “Le Molière Immaginarie”) musiche di scena ispirate a villanelle e canzoni popolari del 600’napoletanoscene Luigi Ferrigno costumi Ilaria Carannante disegno luci Luigi Della Monica assistente alla regia Roberto Fiorentino

 

Sinossi

Sette quadri, un prologo e un epilogo. È un viaggio nel teatro, quello di Molière in primo luogo, ma non soltanto… È anche un viaggio nel tempo quello del Seicento, un secolo pieno di guerre, epidemie, grandi tragedie ma anche di profonde intuizioni e illuminazioni che non riguardano solo “quel tempo. Ed è anche il viaggio, reale e immaginario, di Oreste Bruno e la sua Compagnia di famiglia, quella dei Fratelli dè Bruno da Nola, (discendenti del grande filosofo Giordano Bruno), una vera “carretta dei comici” viaggiante, tanto cara sia a Peppino che a Luigi De Filippo.

È il viaggio verso Parigi, verso il teatro, verso Molière ma anche una fuga dalla peste, da una terribile epidemia che ha costretto i Nostri a cimentarsi in un avventuroso viaggio verso un sogno, una speranza o solo la salvezza. Lungo il percorso, quando “la Compagnia” arriva nei pressi di un centro abitato, di un mercato o di un assembramento di persone, ecco che il “carretto viaggiante” diventa palcoscenico e “si fa il Teatro”.

E col “teatro” si riesce anche a mangiare, quasi sempre. Infatti, grazie agli stratagemmi di tutti i componenti della famiglia teatrale si rimedia il pasto quotidiano o qualche misera offerta in monete o, più spesso, qualche pezzo di animale, già cucinato, offerto come compenso della esibizione sul palco-carretto, manco a dirlo, delle opere di Molière (L’Avaro e il Malato Immaginario sono “i cavalli di battaglia” di cui vengono proposti i momenti salienti, opportunamente adattati al luogo e agli astanti). Gli incontri durante il viaggio, sorprendenti ma non tutti piacevoli, l’avvicinamento anche fisico a Parigi, al teatro di Molière, la “corrispondenza” che il capocomico invia quotidianamente all’illustre “collega”, la forte connessione tra il mondo culturale e teatrale della Napoli di quel tempo con quella francese (con Pulcinella che diventa Scaramouche), di Molière ma forse ancor più di Corneille (che si celerebbe sotto mentite spoglie dietro alcune delle sue opere maggiori) la pesante eredità del pensiero di uno zio prete di Oreste Bruno, Filippo detto poi Giordano, scomparso da alcuni decenni ma di cui per fortuna non si ricorda più nessuno, e la morte in scena dello stesso Molière poco prima del loro arrivo a Parigi, renderanno davvero unico il viaggio di tutta la “Compagnia di famiglia” commedianti d’arte ma soprattutto persone “umane”, proprio come la grande commedia del teatro, dove “tutto è finto, ma niente è falso”.

Note di regia

Il progetto nasce soprattutto da una curiosità ‘artistica’, a sua volta originata dalla costatazione che, a un certo punto della loro carriera, i De Filippo (Peppino e Luigi in particolare) hanno sentito l’esigenza di confrontarsi con il teatro di Molière e il suo genio innovativo, rimasto forse nel suo genere ancor oggi ineguagliato e vivissimo. A riprova, il fatto che, dopo oltre quattro secoli, in occasione della recente ricorrenza del quattrocentenario dalla nascita, si son tenute ovunque celebrazioni, studi e ricerche dedicate al suo teatro e alla sua mai tramontata “comédie humaine”. In particolare, “L’ Avaro”e“Il Malato immaginario” sono stati i due titoli a cui, una generazione dopo l’altra, i De Filippo, padre e figlio, hanno dedicato seppur con differenti approcci la loro attenzione, sia teatrale che umana, dal momento che per entrambi, come del resto per Molière, il confine tra la rappresentazione teatrale e la vita come teatro, anche vissuto nella realtà quotidiana, è stato davvero sottile.

Serata d’Onore con Isa Danieli

L’attrice si racconta e incanta il pubblico con il suo straordinario repertorio di monologhi e canzoni.
Isa si trasforma sempre. Ma non c’è da stupirsi dal momento che da quando ha cominciato a calcare il palcoscenico, da adolescente, la signora Danieli ha abituato il suo pubblico a infinite e perfette metamorfosi. Passa con tranquillità da nobildonna a procace e sensuale attricetta, dal ruolo di prostituta a regina, da buona a cattiva, fino a cattivissima. Protagonista del teatro
napoletano, ha intessuto la sua carriera fra magia e mistero,  legandosi professionalmente a grandi autori e grandi autrici e senza avere la minima idea di cosa fosse il look di un’attrice. Per questo piace: perché Isa Danieli, pur essendo la (più) grande interprete delle scene partenopee, ha
sempre l’aria della tua dirimpettaia, intenta a cucinare e a riassettare la casa. Luisa Amatucci, meglio conosciuta come Isa Danieli, è figlia d’arte. Sua madre, infatti, era Rosa Moretti, grande e indimenticabile voce di Radio Napoli, mentre suo padre era l’attore Renato Di Napoli, discendente di una dinastia di attori. I due non si sposarono mai e rimasero compagni per un certo periodo di tempo, almeno fino a quando andarono d’accordo, poi si separarono definitivamente. Zia dell’attrice Luisa Amatucci (star della soap opera Un posto al sole), contro il volere materno tenta la strada della recitazione, smettendo di studiare a 15 anni.  I primi passi sono sul palcoscenico proprio accanto alla madre e allo zio Gennaio Di Napoli nel campo della sceneggiata napoletana,
poi l’interesse per Eduardo De Filippo che già allora era in profumo di “maestro”, la spinge a scrivergli una lettera dove esprime il desiderio di lavorare nella sua compagnia, allegandogli una sua fotografia. La lettera arriva nelle mani di Eduardo che, una mattina, la fa chiamare dall’amministratore della compagnia, Carlo Algeri, il quale la invita a recarsi in teatro per un provino. Passato quello, avrebbe lavorato per Eduardo la notte stessa. Il provino riesce perfettamente e Isa Danieli quella sera stessa si trova a recitare in “Napoli Milionaria”, lavorando
contemporaneamente anche nella sceneggiata della madre e dello zio. Appena finite le repliche di “Napoli Milionaria”, Eduardo De Filippo la invita a rimanere all’interno della sua compagnia, anche
solo come comparsa per “Questi fantasmi”. La Danieli accetta e lega la sua vita a quella di De
Filippo che sarà il suo più grande mentore, dando origine a un lungo, litigarello e affettuoso
rapporto lavorativo che la fortificherà immensamente. Lo stesso regista scriverà apposta per lei
alcune parti da cameriera in “Mia famiglia” e “Bene mio, core mio”. Nel 1956, dopo “Dono di
Natale” (opera tratta da una novella di Cechov) e “Quei figuri di tanti anni fa” con Dolores
Palumbo e Geppino Natrelli, la Danieli lascia la compagnia stanca degli stessi ruoli che De
Filippo le propone e decide di darsi all’avanspettacolo spinta dal desiderio di imparare a cantare, a
ballare e a muoversi in scena, diventando padrona della propria personalità scenica, ma anche del
pubblico. La si ritroverà in reggiseno e con le gambe nude in moltissimi spettacoli, spesso accanto
a Nino Taranto, e da lì si sposterà alle regie di Roberto De Simone che nel 1976 la vorrà per “La
Gatta Cenerentola” – con un personaggio da antologia che la renderà definitivamente celebre -,
“Mistero napolitano” e “Festa di Piedigrotta”.

BENVENUTO IN CASA ESPOSITO

Con Giovanni Esposito 

scritta da Paolo Caiazzo, Pino Imperatore, Alessandro Siani

Liberamente tratta dal romanzo bestseller “Benvenuti in casa Esposito”

di Pino Imperatore (Giunti Editore)

Regia ALESSANDRO SIANI

 

Nessuno ha imposto a Tonino Esposito di fare il delinquente. Eppure lui vuole farlo a tutti i costi, anche se è sfigato e imbranato. Perché vuole mostrarsi forte agli occhi di tutti. E perché è ossessionato dal ricordo del padre Gennaro, che prima di essere ucciso è stato un boss potente e riverito nel rione Sanità, a Napoli.

Così Tonino, tra incubi e imbranataggini, resta coinvolto in una serie di tragicomiche disavventure che lo portano a scontrarsi con i familiari, con le spietate leggi della criminalità e con il capoclan Pietro De Luca detto ’o Tarramoto, che ha preso il posto del padre. E quando non ce la fa più, quando tutto e tutti si accaniscono contro di lui, va nell’antico Cimitero delle Fontanelle a conversare con un teschio che secondo la leggenda è appartenuto a un Capitano spagnolo.

Nel tentativo di riportarlo sulla strada dell’onestà, la capuzzella del Capitano si trasforma in un fantasma e si trasferisce a casa di Tonino. Dalla comica “collaborazione” tra i due nascono episodi esilaranti, che trovano il loro culmine nel periodo in cui Tonino, dopo aver messo nei guai ’o Tarramoto, viene messo agli arresti domiciliari dal capoclan e cade in depressione.

Intorno a Tonino, al Capitano e a De Luca si muovono altri personaggi memorabili: Patrizia, moglie di Tonino, donna procace e autoritaria; Gaetano e Assunta, genitori di Patrizia, che si strapazzano di continuo; Manuela, vedova del boss Gennaro, donna dai nobili sentimenti; Tina, giovane figlia di Tonino e Patrizia, che combatte la condotta illegale del padre.

In casa Esposito non manca una presenza animalesca: Sansone, un’iguana del genere meditans, che fa da contrappunto a tutti i divertenti momenti della commedia.

La commedia è un insieme di dialoghi irresistibili, colpi di scena e messaggi di grande valore etico, riporta gli aspetti più cafoni e ridicoli della criminalità, rispolvera la grande tradizione comica napoletana e fa ridere e riflettere.

Un modo nuovo di raccontare e denunciare la malavita, perfettamente in linea con i contenuti del romanzo bestseller “Benvenuti in casa Esposito”, che è stato un vero e proprio caso letterario. Un libro che ha scalato le classifiche grazie al passaparola e all’entusiasmo di migliaia lettori in tutta Italia e che è stato adottato da scuole, istituzioni pubbliche, associazioni antimafia, comitati civici, gruppi che si battono per la Legalità.

CIARLATANI

Con Silvio Orlando

Regia Pablo Remón

traduzione italiana di  Davide Carnevali  da Los Farsantes

e con (in o.a.) Francesca Botti, Francesco Brandi, Blu Yoshimi

scene Roberto Crea

luci Luigi Biondi 

costumi Ornella e Marina Campanale

aiuto regia Raquel Alarcón 

 

1.-

Ciarlatani” racconta la storia di due personaggi legati al mondo del cinema e del teatro. 

Anna Velasco è un’attrice la cui carriera è in fase di stallo. Dopo aver recitato in piccole produzioni di opere classiche, ora lavora come insegnante di pilates e nei fine settimana fa teatro per bambini. Tra soap opera televisive e spettacoli alternativi, Anna è alla ricerca del grande personaggio che la farà finalmente trionfare.

Diego Fontana è un regista di successo di film commerciali che si sta imbarcando in una grande produzione: una serie da girare in tutto il mondo, con star internazionali. Un incidente lo porterà ad affrontare una crisi personale e a ripensare la sua carriera. 

Questi due personaggi sono collegati dalla figura del padre di Anna, Eusebio Velasco, regista di culto degli anni ’80, scomparso e isolato dal mondo. 

 

2.-

“Ciarlatani” sono anche diverse opere in una: ognuno di questi racconti ha uno stile, un tono e una forma particolari. 

Il racconto di Anna ha uno stile eminentemente cinematografico, con un narratore che ci guida, e in cui sogno e realtà si confondono. La storia di Diego è un’opera teatrale più classica, rappresentata in spazi più realistici. E infine c’è, a mo’ di pausa o parentesi, un’autofiction in cui l’autore dell’opera a cui stiamo assistendo si difende dalle accuse di plagio. 

Queste storie sono raccontate in parallelo, si alimentano a vicenda, sono specchi degli stessi temi.

L’insieme è costruito con capitoli in parte indipendenti, che formano una struttura più vicina al romanzo che al teatro. L’intenzione è che “Ciarlatani” sia una narrazione eminentemente teatrale, ma con un’aspirazione romanzesca e cinematografica.

3.-

Infine, “Ciarlatani” è una commedia in cui solo quattro attori viaggiano attraverso decine di personaggi, spazi e tempi. Una satira sul mondo del teatro e dell’audiovisivo, ma anche una riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che ricopriamo, dentro e fuori la finzione.

 

Pablo Remón

IL VIAGGIO DEL PAPÀ

Con Maurizio Casagrande

Di: Maurizio Casagrande, Francesco Velonà

Regia: Maurizio Casagrande, Francesco Velonà

Con: Ania Cecilia, Michele Capone, Giovanni Iovino, Arianna Pucci.

 

Questa è la storia di un padre e di un figlio che non si conoscono. Provano un profondo fastidio l’uno nei confronti dell’altro, divisi da sempre dalle loro differenze. Il padre avrebbe voluto un figlio che gli somigliasse; pragmatico, efficiente e spregiudicato, sempre alla ricerca del successo personale, esattamente come lui. Invece gli è capitato un figlio sognatore, vacuo e incapace di realizzare qualunque cosa. Il figlio dal canto suo, avrebbe voluto un padre che non incarnasse rigidamente la figura genitoriale, ma che fosse senza pregiudizi nei suoi confronti, che avesse una visione più ampia e moderna del mondo. Due realtà che non si capiscono. Un padre ed un figlio che si danno la possibilità dell’incontro decidendo di fare un viaggio insieme, con la speranza che questa esperienza condivisa possa abbattere il muro che li divide. Durante il loro viaggio accadrà un evento straordinario che li porterà a cambiare la loro visione del mondo.

ANNI ’90 NOI CHE VOLEVAMO LA FAVOLA

Con Massimiliano Gallo

Eravamo rimasti alla caduta del muro di Berlino. Così era finito il mio spettacolo sugli anni 80: “Stasera, Punto e a Capo!” Quello in cui ho raccontato la mia adolescenza a metà tra purezza e infinito incanto. Le immagini delle caduta del Muro di Berlino, i berlinesi armati di piccone, le folle che attraversano il Checkpoint Charlie, gli abbracci tra sconosciuti, i balli in cima a quello che fino a poche ore prima era il simbolo della divisione del mondo in due fazioni.

Riguardando a quell’epoca, sembra che col Muro sia caduta la prima casella di un domino di eventi positivi che negli anni successivi ha sconvolto gli equilibri del mondo. Insomma, sembrava tutto bellissimo…ma forse niente é veramente cambiato!

Erano gli anni di “Certe Notti” di Ligabue e dell’ “Ombelico del mondo” di Jovanotti. Di Fiorello e del suo “Karaoke”, di “Non è la rai”, di “Bim, bum, bam” e di “Bay Watch”, di “Blob” e “Artattack”, di “La vita è bella”, “Forrest Gump” e “Mamma ho perso l’aereo”della pillola rossa o la pillola blu di “Matrix”. Erano gli anni in cui si giocava a “Super Mario” e “Pokemon”, in cui si parlava di un mondo da connettere. Erano gli anni del Viagra.

Come ha detto Douglas Coupland, lo scrittore che ha coniato il termine Generazione X: “La storia era finita, e la sensazione era ottima”. Quello degli anni Novanta è stato apparentemente un decennio perfetto, ma in realtà sono molte le cose che preferiamo non ricordare sui nostri profili social, ma d’altronde fa piacere ricordare solo le cose belle.

Quello di cui la nostalgia non tiene conto è per esempio la guerra: dal massacro di Srebrenica al genocidio in Ruanda. La stessa sorte è toccata alla svalutazione della Lira e alla progressiva perdita di potere d’acquisto da parte degli italiani successive a Mani Pulite, ed è proprio nel gennaio 1994 che con un videomessaggio di 9 minuti Silvio Berlusconi ha fatto il suo ingresso in politica, non uscendone per i vent’anni successivi. È sempre in questo periodo che si è iniziata ad affermare in Italia la Lega Nord di Bossi che è arrivata al Governo.

Ed allora divertiamoci a raccontarli questi anni 90’, ridendo sulle nostre disgrazie, su quello che siamo stati e su quanto ci eravamo promessi. Che la festa continui… Con me in scena la stessa formazione dello spettacolo precedente che ci ha regalato un enorme successo di pubblico e critica: , la cantante Carmen Scognamiglio e sei musicisti diretti dal Maestro Mimmo Napolitano.

Massimiliano Gallo.

LA FELICITÀ

Autore Eric Assous

Con Gianfelice Imparato, Alessandra D’ambrosio

Regia Gianfelice Imparato

Assistente Alla Regia Roberto Capasso

Scene E Costumi Francesca Garofalo

Produzione I Due Della Città Del Sole

 

SINOSSI
Luisa e Alessandro, non più giovani, dopo il loro primo incontro hanno passato la notte insieme. Al risveglio si trovano ad affrontare le tipiche insicurezze di chi non sa se la loro prima colazione sia l’inizio di un rituale che condivideranno nel tempo o l’epilogo di un incontro casuale. Di questi momenti ne hanno vissuti tanti. Luisa è separata e Alessandro è in attesa di divorzio ed ha anche tre figlie. In un susseguirsi di bugie, colpi di scena e situazioni paradossali, Eric Assous, in questa pièce estremamente divertente, riesce a descrivere perfettamente l’amore dopo gli “anta”: credono ancora che in un rapporto di coppia possono trovare la felicità?

NOTE DI REGIA
Eric Assous è un autore che ho scoperto da poco, ma che mi ha subito affascinato per il suo modo originale di indagare l’animo delle persone attraverso i suoi personaggi. Anche altre sue opere trattano delle dinamiche di coppia, ma “La felicità” mi ha colpito particolarmente per come la profondità dei temi si concilia con la leggerezza e la comicità dei dialoghi. È un solo atto, della durata di circa 90 minuti, diviso in cinque quadri. E la storia ci racconta, nell’arco temporale di sei mesi, di due persone mature. Dal loro primo e casuale incontro fino al giorno del matrimonio. I passaggi da un quadro all’altro saranno scanditi da musiche e cambi di luce. Pochi elementi scenici per la consapevolezza che altri orpelli o artifici nulla apporterebbero al valore del testo che ha bisogno di essere gustato in tutti i suoi molteplici sviluppi che vanno dal tenero al comico, al teso con imprevedibili cambi di umori. L’ultima battuta del testo:
“Non è perché non abbiamo più vent’anni che non abbiamo più diritto alle illusioni. La felicità ci sembra un miraggio, ma è molto semplice. È alla portata di tutti. Saremo felici, vedrai.”

 

IL VEDOVO ALLEGRO

Di e con Carlo Buccirosso

Regia: Carlo Buccirosso

Protagonisti: Carlo Buccirosso, Gino Monteleone, Elvira Zingone, Donatella de Felice, Davide Marotta

Tre anni dopo la fine della pandemia, Cosimo Cannavacciuolo, vedovo ipocondriaco, stabilmente affetto da ansie e paure, inquilino del terzo piano di un antico palazzone situato nel centro di Napoli, persa la sua amata moglie a causa del virus, si ritrova a combattere la solitudine e gli stenti dovuti al fallimento della propria attività di antiquariato, che lo ha costretto a riempirsi casa della merce invenduta del suo negozio, e a dover lottare contro l’ombra incombente della banca concessionaria del mutuo che, a causa dei reiterati mancati pagamenti, minaccia l’esproprio e la confisca del suo appartamento…

METTICI LA MANO

Il Brigadiere Maione e Bambinella protagonisti in scena della nuova commedia di MAURIZIO DE GIOVANNI

Con ANTONIO MILO, ADRIANO FALIVENE, ELISABETTA MIRRA

Regia di ALESSANDRO D’ALATRI Con Antonio Milo

 

Primavera del 1943, Napoli.

Una tarda mattinata di sole viene squarciata dalle sirene: arrivano gli aerei alleati e il pericolo di un nuovo e devastante bombardamento.

La scena è uno scantinato che fa da rifugio improvvisato. In un angolo del locale una Statua della Madonna Immacolata, miracolosa-mente scampata alla distruzione di una chiesa.

 

E’ qui che si ritrova una strana compagnia, riunita dalla necessità di riparo: Bambinella, un femminiello che sopravvive esercitando la prostituzione e che conosce tutto di tutti, e il Brigadiere Raffaele Maione, che ha appena arrestato Melina, una ventenne che ha appena sgozzato nel sonno il Marchese di Roccafusca, di cui la ragazza era la cameriera.

Mentre fuori la porta le voci della gente si trasformano in un pauroso silenzio e poi nel progressivo avvicinarsi del fragore delle bombe, il dialogo tra i tre occupanti del rifugio si fa sempre più profondo e serrato, con una serie di riflessioni sulla vita, la morte, la giustizia, la fede, ma anche la fame e l’arroganza del potere.

Mentre apprendiamo cosa sia realmente accaduto nel palazzo di Roccafusca e perché, Bambinella si trasformerà in un avvocato difensore e Maione nell’accusa di un processo che vedrà nella statua di gesso un giudice silenzioso ma accorato.

Maurizio De Giovanni

Note di Regia

Dopo la lunga stagione dei teatri chiusi è una gioia poter annunciare il mio ritorno sulle tavole del palcoscenico.
Un ritorno che segna anche una continuità artistica inedita per me: questo nuovo progetto nasce come una costola della saga de “Il commissario Ricciardi”, dopo il successo della serie televisiva a cui ho lavorato. Dalla straordinaria e immaginifica penna di Maurizio de Giovanni, due tra i volti più colorati si staccheranno dalle vicende del filone corale del Commissario e torneranno a raccontarsi con il pubblico, ma questa volta dal vivo: il brigadiere Maione e il femminiello Bambinella.
Due figure che non fatico a descrivere come “maschere”, unici tra i personaggi dei romanzi ad indossare un costume: uno con il rigore della divisa e l’altro con la leggerezza della femminilità travestita. Troveremo la città di Napoli devastata dalle conseguenze del nazifascismo, martoriata dai bombardamenti, ma mai priva di quella carica di umanità e di amore per la vita. Medesimi saranno i due attori che hanno interpretato la serie tv: Antonio Milo e Adriano Falivene. Elisabetta Mirra nel ruolo di Melina, straordinario sguardo sul sacrificio femminile di quell’epoca. A completare la magia ci saranno le musiche di Marco Zurzolo.
Aggiungo il piacere e l’orgoglio di collaborare con il Teatro Diana, un’istituzione nella storia del teatro italiano.

Alessandro D’Alatri

ROMA E DINTORNI, TRA SACRO E PROFANO

Roma che brucia, Roma che risplende al tramonto che incanta e ferisce. Roma che scorre lenta sul Tevere, beve il rosso vermiglio dei Castelli e sale verso le nevi delle montagne sulle rime di Califano.

Le donne di Roma tra i vicoli di Trastevere, attraverso i versi di Remo Remotti.

Tra rime baciate e giochi di parole lo spettacolo accompagna lo spettatore in un viaggio onirico e surreale.

Il sacro diventa profano; il testo di una canzone si tramuta in performance; l’aulico lascia il posto al dialetto e si piega alla poesia.

Vinicio Marchioni canta la sua città natale attraverso questo spettacolo che nasce dal desiderio di tornare a celebrare Roma, tra eterna bellezza e cinico disincanto.

CREDITS:

Di e con: Vinicio Marchioni
Produzione: Anton Art House
Organizzazione: Tommaso De Santis
Fotografia: Cosimo Buccolieri